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Picco influenzale, come difendersi al meglio

Ci avviciniamo a grandi passi verso il temutissimo picco influenzale che metterà a letto più di un milione e mezzo di italiani.

Solo a fine gennaio o nella prima settimana di febbraio potremo dirci al riparo dal rischio, ma molto dipenderà soprattutto da quanto il freddo sarà rigoroso ed indebolirà le mucose delle prime vie aeree favorendo il proliferare del virus.

E’ pur vero che il virus di quest’anno sembra meno aggressivo di quello degli anni passati, ma questo non ci deve indurre in comportamenti imprudenti e sconsiderati tanto più che sintomi erroneamente considerati secondari, come la tosse, possono persistere anche dopo le due settimane successive alla guarigione.

Curarsi frettolosamente o pensare che di rimettersi in pista dopo un paio di giorni, è un errore assolutamente da evitare; occorre pazientare almeno una settimana nella quale occorre guarire e recuperare con calma le forze dopo una convalescenza passata al caldo e soprattutto a riposo assoluto.

Queste semplici regole valgono per tutti, compresi coloro che si sono vaccinati o quelli che ritengono di essere sufficientemente robusti, dato che oltre al virus bisogna sempre considerare la pericolosità di altre infezioni parainfluenzali o batteriche che potrebbero intervenire.

I ben noti sintomi di febbre alta, tosse, dolori muscolari e mal di testa accompagnati da debolezza generale, saranno tenuti a bada con le dosi necessarie di farmaci a base di paracetamolo o ibuprofene che abbassano la temperatura e danno sollievo in caso di dolori diffusi; altri farmaci della famiglia di antibiotici, potranno essere prescritti dal medico curante solo nel caso in cui dovessero intervenire patologie batteriche quali ad esempio, le bronchiti.

In linea generale il riposo e la giusta idratazione devono essere di supporto alle cure farmacologiche poiché, lo ricordiamo, assumere farmaci e pretendere di fare le stesse cose di sempre, magari uscendo o andando a lavoro, peggiora fortemente la situazione.

Un altro accorgimento da non sottovalutare riguarda l’accuratezza nell’igiene delle mani che devono essere lavate spesso anche con disinfettanti a base alcolica in assenza di acqua; occorre inoltre evitare più possibile la diffusione di secrezioni respiratorie di colpi di tosse e starnuti cercando di non frequentare posti affollati e mantenendo una distanza di almeno un metro da persone ammalate; in alcuni casi sarebbe opportuno indossare una mascherina se si fosse costretti al contatto.

Di solito, dunque, trascorsa una settimana ci si può considerare guariti anche se meritano particolare attenzione i soggetti cosiddetti a rischio quali bambini, anziani e chi già soffre di una malattia cronica o debilitante per il sistema immunitario.

In questi soggetti è più facile che intervengano delle complicanze sia a carico dell’apparato respiratorio (bronchiti), sia a carico dell’orecchio, della gola e del naso e in tal caso ci troveremo di fronte a otiti, sinusiti, faringiti e laringiti.

Più rare sono le complicanze a carico dell’apparato cardiovascolare e del sistema nervoso.

Sergio De Napoli

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