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Alzheimer, un esame del sangue per la diagnosi

Grazie ad un esame del sangue, sarà possibile scoprire con largo anticipo la comparsa dell’Alzheimer. E’ quanto afferma uno studio condotto da un’equipe di medici dell’Università di Washington insieme al centro tedesco per le malattie neurovegetative, l’Università di Tubinga e l’Istituto Hertie per la ricerca clinica sul cervello.

L’importantissima scoperta rivela la presenza nel sangue di una proteina che diventa un campanello dall’allarme della malattia che sta insinuandosi nel cervello in fase primordiale. L’eccezionalità dello studio consiste proprio nella tempestività della scoperta della malattia: ovviamente quando il cervello è già compromesso i trattamenti in uso risultano inefficaci, mentre i farmaci appropriati somministrati in uno stadio precoce possono essere decisivi a contrastare l’avanzata del morbo.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature e preannuncia una svolta epocale nel riconoscimento precoce dell’Alzheimer prima che questo possa manifestare i sintomi.

Sino a questo momento infatti la presenza della malattia veniva segnalata dalla proteina beta-amiloide un marcatore specifico per la ricerca della patologia; nella nuova ricerca effettuata il rivelatore primario risulta essere una proteina filamentosa, chiamata Nfl all’interno dei neuroni, che in presenza di danni o morte delle cellule nervose passa nel sangue.

Questa rara variante genetica in grado di causare l’Alzheimer si manifesta tra i 40 ed i 50 anni di età, ma non sono rari i casi studiati in soggetti addirittura trentenni

E’ questo l’inequivocabile segnale di un danno cerebrale in atto e la ricerca ha evidenziato quanto fosse importante scoprire con largo anticipo la degenerazione cerebrale che avrebbe dato i suoi primi sintomi due anni dopo.

Il test effettuato su un campione di oltre 400 persone ha dimostrato la sua validità sia nel riconoscere la perdita di massa del cervello, sia per segnalare l’eventuale presenza di traumi o di altre malattie neurologiche, compresi ictus e sclerosi multipla.

La presenza di questa proteina nel sangue come precursore della malattia è stata avallata anche da altre indagini come la Tac cerebrale che ha verificato il legame fra l’innalzamento dei livelli di questa proteina e il rapido assottigliamento nonché rimpicciolimento di quella parte del cervello deputata alla memoria.

La strada da percorrere è ancora lunga ed il lavoro di ricerca continua. E’ necessario rendere questo test disponibile come routine nei reparti ospedalieri dove si curano le malattie neurovegetative. Per far questo occorre che la Fda approvi ufficialmente questo test come strumento diagnostico (ricordiamo che esiste già un test commerciale che misura i livelli di questa proteina nel sangue), consentendo l’uso in clinica in modo da individuare con largo anticipo i primi segnali della malattia.

Sergio De Napoli

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