Categories: Salute e benessere

La musica può fare danni alla salute

Secondo un’indagine pubblicata da una piattaforma di distribuzione Svedese, la Record Union, il 73% dei musicisti indipendenti è a rischio di malattie mentali scatenate da ansia e depressione.
La professione svolta può indurre a disturbi anche seri di cui il panorama musicale fornisce purtroppo esempi numerosi anche tra le star più affermate.
Ricordiamo tutti quando nel 2007 la celebre pop-star Britney Spears ebbe un crollo nervoso a causa di un disturbo bipolare ed in seguito a questo episodio si moltiplicarono poi vari attacchi seguiti da altrettanti ricoveri che sicuramente hanno minato la continuità della carriera della cantante.
Ma il caso di Britney Spears non è certo l’unico e se da un lato aumenta la consapevolezza del problema, dall’altro aumenta la ritrosia nel parlarne e nel rendere pubbliche le proprie debolezze. Lo studio della Record Union fa luce proprio sui numeri che danno un’idea di quanto il problema sia sentito e della sua diffusione: circa il 73% dei musicisti indipendenti che hanno deciso di rendersi disponibile all’indagine, ha dichiarato di soffrire di disturbi mentali o per lo meno di esserne stati vittime in passato; se poi consideriamo la fascia d’età fra i 18 ed i 25 anni, la percentuale aumenta sino a raggiungere l’80%.
I musicisti esaminati riferiscono di sentirsi preoccupati per la loro salute mentale, ma solo un terzo degli intervistati si è dichiarato disponibile a rivolgersi a specialisti per prendere seriamente in esame questo problema; è triste invece notare che la maggior parte di essi preferisca pensare di risolvere il proprio disagio attraverso l’assunzione di alcool e droghe.
Pochissimi musicisti, circa il 19%, attribuisce all’industria discografica parte della responsabilità di queste problematiche, in quanto si adopera poco o niente per creare un clima favorevole; anzi vengono richieste prestazioni esorbitanti per raggiungere un certo numero di vendite, oltre a sostenere il peso di concerti frenetici che si susseguono a ritmi esasperanti. Alcuni piccoli passi però cominciano a muoversi in questa direzione.
Una etichetta discografica di Toronto, la Royal Mountains records, si è impegnata a contribuire con la cifra di 1500 dollari in favore dei musicisti che volessero curare o prevenire eventuali malattie mentali; si tratta certo di una cifra simbolica, ma è un primo segnale della sensibilità che alcune case discografiche cominciano a dimostrare.
Sarebbe ora utile che i musicisti cominciassero ad essere considerati alla stregua di tutti gli altri lavoratori ed avessero anche la possibilità di avere un’assistenza sanitaria o di un’assicurazione.

Sergio De Napoli

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