Come mangi dice come parli
E’ possibile che le nostre abitudini alimentari evolvendosi attraverso i secoli, possano aver modificato il modo in cui parliamo?
Pare di si, stando ai recentissimi studi di un gruppo di ricercatori dell’Università di Zurigo i quali hanno scoperto gli effetti dei cambiamenti umani nella dieta, sul linguaggio e più specificatamente sulla pronuncia di alcuni suoni; è una scoperta indubbiamente sorprendente e forse un po’ inquietante basata sui processi evolutivi di alcuni suoni come “f” e “v” influenzati dalle evoluzioni dei cambiamenti della nutrizione umana.
Come si spiegano queste trasformazioni?
Secondo i ricercatori svizzeri, sino al Neolitico gli incisivi della dentatura umana combaciavano perfettamente grazie ad una dieta che prevedeva un certo tipo di masticazione; nel corso dell’evoluzione della specie poi, le abitudini alimentari si sono sempre più modificate ed hanno richiesto un lavoro diverso rispetto alla masticazione che si è adattata nel tempo a cibi differenti. La conseguenza più tangibile è stata riscontrata negli uomini post-neolitici che mostravano un’arcata dentale in cui gli incisivi superiori avevano una leggera prominenza verso l’esterno della bocca e per contro una leggera retrognazia della mascella inferiore.
Il suono (F) in particolare nasce in seguito all’introduzione di cibi morbidi come le farine di cereali, tanto da rendere possibile l’arretramento dei denti inferiori meno sottoposti allo sforzo di masticare esclusivamente carne.
A seguito di queste trasformazioni, dapprima impercettibile e poi più dominanti, nascono i cosiddetti suoni “labiodentals” nei quali il labbro inferiore tocca i denti dell’arcata superiore; ci riferiamo ai suoni (F) e (V) per emettere i quali è necessario che avvenga questo incontro tra labbro e denti. Naturalmente queste ricerche sono state supportate da vari esperti che hanno attivamente collaborato alla scoperta di questi meccanismi, antropologi, studiosi di fonetica e di linguistica storica; i dati rilevati sono stati poi sperimentati grazie a modelli di simulazione biomeccanica ed elaborati poi al computer.
Sta di fatto che esaminando gruppi di lingue di origine o provenienza di cacciatori e raccoglitori, non si riscontrano i suoni labiodentali se non per qualche influenza dei paesi colonizzatori europei, e parliamo del Groenlandese, di alcune lingue australiane e del gruppo sudafricano delle lingue Khoisan. La ricerca apre ora la strada a nuove indagini per comprendere le strette connessioni tra le pratiche culturali ed i suoni utilizzati per comunicare che ora intersecano anche la storia socioeconomica del cibo come fattore cardine per le evoluzioni del linguaggio.