L’US National Institute of Health, NHI, coordinato del Dott. Andrew Singleton, ha individuato altri sei fattori genetici di rischio coinvolti nello sviluppo della malattia di Parkinson. Ciò che ha permesso di arrivare a questo risultato è stato l’utilizzo di una branca relativamente nuova della medicina, la genomica, associata in questo caso ai milioni di dati raccolti prendendo in esame oltre diciottomila pazienti.
I volontari erano rappresentati da 13708 malati di Parkinson e 95282 soggetti con alte probabilità di sviluppare la malattia. Come spiega lo studio, poi pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Genetics”, più aumentano i fattori di rischio, più alte sono le probabilità di sviluppare la patologia. La particolarità di questo studio è che ha visto coinvolte diverse istituzioni pubbliche e private, tutte concentrate a lavorare per un unico scopo. Le varianti genetiche incriminate sono nove ma gli scienziati ne hanno indicate almeno 24 che costituiscono fattori di rischio di sviluppare la patologia, nei quali naturalmente sono incluse le ultime sei scoperte.
La cura per il Parkinson attualmente non c’è; come per la maggior parte delle malattie degenerative, infatti, esistono solo dei farmaci che riescono a tenere sotto controllo i sintomi. Il Parkinson si manifesta quando inizia una degenerazione del sistema nervoso, in particolare a livello dei gangli, essenziali a rendere fluidi i movimenti muscolari; si assiste, in pratica, ad una diminuzione della produzione di dopamina, condizione che ad oggi viene trattata con la somministrazione di un farmaco, la levodopa.
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