Morire in ospedale: rischio più che raddoppiato
Negli ultimi 13 anni i morti per infezioni contratte in ospedale è più che raddoppiato. A lanciare l’allarme il direttore dell’Osservatorio sulla salute, Walter Ricciardi nella presentazione romana del Rapporto Osservasalute 2018: il professor Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica riferisce dati preoccupanti per le condizioni igieniche e sanitarie dei nostri ospedali che sono spesso la tomba di pazienti che contraggono infezioni letali ed antibiotico resistenti.
Un solo valore su tutti che testimonia l’entità del problema, riguarda la percentuale delle morti analizzando 28 paesi europei, che in Italia raggiunge addirittura il 30% del totale.
Quanto denunciato nel rapporto annuale ha assunto ormai una connotazione di emergenza, anche se si continua a sottostimare e a sottovalutare il problema soprattutto in alcune aree geografiche.
Un fattore scatenante è purtroppo l’antibiotico resistenza causata come ben sappiamo, dall’uso esagerato di antibiotici somministrati ad animali di allevamento al solo scopo preventivo, pertanto non malati; la carne che noi consumiamo è dunque modificata in alcuni pezzi di genoma e questa alterazione si trasmette anche negli individui che mangiano questa carne.
Questa situazione sta diventando allarmante e parecchio articolata, tanto che gli esperti del settore raccomandano una maggiore attenzione sull’argomento ed un coinvolgimento a tutto tondo che dovrebbe interessare sia il Ministero della Salute che enti come Aifa e Agenas ( Agenzia per i servizi sanitari regionali ).
In Italia, persiste un atteggiamento rassegnato e talvolta fatalista rispetto alle morti per infezioni contratte in ospedale, mentre in altri paesi europei il livello di attenzione è altissimo e vengono istituiti dei veri e propri comitati per il contrasto delle infezioni come accade in Olanda ed in Svezia.
Eppure proprio in Italia la guardia non dovrebbe essere mai abbassata visto che i numeri dovrebbero farci rabbrividire: pensiamo soltanto che nel 2003 i decessi per sepsi erano poco più di 18.600, mentre il numero è spaventosamente aumentato sino ad arrivare nel 2016 a 49.301 morti.
Il dato riguarda indifferentemente pazienti donne o uomini, anche se i più colpiti risultano essere gli over 75.
Analizzando i dati regione per regione, emerge poi un altro dato su cui riflettere parecchio: i valori della mortalità risultano più alti negli ospedali del Centro Nord, in special modo in Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, per poi diminuire nettamente al Sud soprattutto in Campania e Sicilia; questo dato però va letto secondo gli esperti in maniera trasversale, ovvero potrebbe derivare da una maggiore o minore precisione ed accuratezza nel riportare sul certificato di morte le cause del decesso.