Telefoni cellulari e cancro: cosa c’è di vero?

Sappiamo sin dal 2011 che i campi elettromagnetici a radiofrequenza sono considerati
cancerogeni; nello specifico, secondo una classificazione redatta dall’Agenzia Internazionale
per la ricerca sul cancro, facente capo all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i
telefoni cellulari appartengono al gruppo 2B ovvero “possibilmente cancerogeni per gli esseri
umani”.
Gli indizi sufficienti di cancerogenicità indicano che i dati valutati consentono di stabilire una
relazione di causa-effetto tra l’esposizione all’agente e l’insorgenza di tumori nell’uomo.
Un’indicazione limitata di cancerogenicità indica che esiste un’associazione positiva tra
l’esposizione ad un agente e l’insorgenza del cancro, ma troppe variabili ed incertezze,
potrebbero anche escludere questa possibilità.
Ed è proprio questo il caso del gruppo 2B.

Da questo si evince che in base alla definizione ed alla catalogazione dell’Oms, le radiazioni
dei telefoni cellulari NON sono cancerogene in senso assoluto ed occorre fare chiarezza con
particolare riguardo all’uso che se ne fa.
Ciò che emerge dallo studio del 2011 è in sostanza un aumento del rischio di glioma ( un tipo
di tumore al cervello) tra gli utenti di telefonia mobile che hanno segnalato un uso di oltre 30
minuti al giorno negli ultimi 10 anni, ma in ogni caso l’incertezza dei risultati richiede ulteriori
approfondimenti prima che ne venga decretata l’assoluta pericolosità.
Le ricerche piuttosto controverse aumentano l’incertezza.
Il possibile legame tra cancro e telefoni cellulari è stato più volte ribadito da vari studiosi del
bioelettromagnetismo, ma i collegamenti positivi tra i campi elettromagnetici di
radiofrequenza e la cancerogenicità, rimangono molto bassi.
Gli scettici infatti, a sostegno della propria tesi, portano all’attenzione una serie di studi e di
indagini a lungo termine che hanno analizzato campioni di persone sottoposte a
radiofrequenze, che non hanno sviluppato patologie tumorali.
Anzi, l’aumento di incidenze tumorali annunciato da molti studi, non solo non è avvenuto,
ma al contrario negli Stati Uniti la tendenza è stata addirittura al ribasso; la maggiore
incidenza è stata riscontrata solo negli adulti di età superiore ai 75 anni e non nei giovani che
nella maggior parte dei casi utilizzano di più i cellulari.
Anche studi più recenti, e pensiamo agli esperimenti condotti sui ratti nel 2018, hanno
consolidato un probabile legame tra l’esposizione a EMF-RM (campi elettromagnetici a
radiofrequenza) e insorgenza di tumori, ma i risultati hanno riguardato solo alcuni ratti maschi
che hanno sviluppato un tipo di tumore al cuore estremamente raro nell’uomo.
Questi fragili risultati uniti ad incoerenti conclusioni generali, ci lasciano pensare che non
esistano al momento prove tangibili della correlazione tra cancro ed uso dei cellulari.